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13 Ottobre: sciopero degli studenti

Il 13 ottobre si terrà uno sciopero degli studenti.

Se siete lettori attenti, forse anche al limite della pignoleria, questa frase vi avrà già fatto sollevare un sopracciglio: ovviamente, non può trattarsi di uno sciopero degli studenti.

Chi sciopera, da che mondo è mondo, sono i lavoratori. Essi, come tutti sappiamo, producono, almeno in teoria, e almeno in teoria vengono pagati. Quando scioperano, bloccano la produzione, e non vengono pagati.

Gli studenti, come tutti sappiamo, non producono, e non vengono pagati. Come possono dunque scioperare?

Mettiamo caso che sia stata approvata una legge.

Una legge un po' caotica, a dire il vero, un po' fumosa su alcuni punti, ma tutto sommato pur sempre una legge. La legge dice che gli studenti del liceo, per esempio, dovranno, d'ora in avanti, svolgere 200 ore di alternanza scuola – lavoro come parte necessaria del loro percorso di studi.

Che cos'è l'alternanza scuola – lavoro?

Nessuno lo sa per certo.

Nel corso di un anno sono state avanzate parecchie tesi diverse, prodotte dalle menti dei dirigenti scolastici italiani, deputati dal governo a scoprire la soluzione di questo fondamentale quesito.

Alcune di queste tesi sono interessanti, altre noiose, altre spaventano.

La più gettonata ha comunque a che fare con le fotocopiatrici.

Ma concentriamoci un attimo sulle tesi che spaventano. Esse sono state formulate evidentemente da menti scaltre, che hanno immediatamente colto una caratteristica estremamente allettante del piano governativo: una falla forse imprevista, forse no, in ogni caso un cavallo eccellente, che le porte di Troia fossero aperte o meno.

Ovviamente, si parla della parola lavoro.

Il lavoro, per tornare a Troia, è quasi più antico del più antico mestiere del mondo. Per questo, dentro questa parola ce ne stanno un bel po' di altre, o almeno ce ne stavano fino ad un po' di tempo fa.

Lavoro, fino ad un po' di tempo fa, aveva dentro dignità. Solidarietà. Stabilità. Libertà. Autodeterminazione. Capacità. Studio. Orgoglio. Sostegno. Previdenza. Diritti. Salario. Probabilmente anche molte altre, ma io sono nata nel 1999, e scrivo per sentito dire. Vogliate perdonarmi.

Tutte queste parole, o almeno qualcuna di esse, sarebbero state sufficienti a chiudere le porte di Troia.

Ma non sono state usate.

E' stata usata la parola lavoro, ma da sola, come se fosse nata ieri.

Così, il cavallo è entrato (e giuro che da Troia con questa è tutto).

Qualcuno, anzi più di uno, ha visto ciò che più di uno nella storia aveva già visto, un sogno, una Visione, un'utopia diventata realtà: lavoro senza salario, stabilità, o diritti. Fichissimo, eh?

Di sicuro l'ha visto chiunque gestisca gli Autogrill, perché me lo ha detto Facebook.

Mi hanno detto che l'ha visto anche altra gente.

E così, in un battibaleno, ecco che gli studenti abbandonano momentaneamente lo studio della cultura italiana, che tanto ci preme di preservare immacolata, per recarsi a fotocopiare, cucinare, pulire, distribuire, costruire, disfare, disegnare, servire, riordinare, contare, portare, fare insomma un sacco di cose che hanno a che fare con ciò che studiano, ma anche un sacco di cose che con ciò che studiano non c'entrano niente, fare insomma un sacco di cose per cui qualcuno potrebbe essere pagato, ma gratis.

Questo è successo per un anno, e coloro che hanno battuto ciglio non sono stati ascoltati.

Non succede solo ai liceali, ovviamente. Succede a molte altre persone, i migranti nei centri d'accoglienza, per dirne una. I precari. Gli universitari.

Tutta gente che notoriamente non ha voglia di lavorare, che le sfighe nella vita se le cerca. Gente che se non protesta dovrebbe farlo e che se protesta dovrebbe proprio tacere.

Per cui si, il 13 ottobre si terrà uno sciopero degli studenti, perché vogliamo che ciò che facciamo abbia un senso, che sia formativo e utile per noi, non profittevole per altri (tipo la McDonald's, ce l'avete presente? Ha fatto quel film con Morgan Spurlock, Super Size Me, l'hanno pure candidato agli Oscar).

Scioperiamo per non dover scioperare mai più, per non essere mai più in grado di bloccare la produzione, perché venga riconosciuto che il nostro imparare, il nostro formarci, è fondamentale per tutti e degno di rispetto e tutela, e che il lavoro che compiremo un giorno, che compiono le nostre famiglie, i nostri insegnanti, i nostri amici, gli autisti degli autobus che ci portano a scuola la mattina, le persone che ci vendono la focaccia per merenda, e che molti altri purtroppo non possono compiere, ha dentro molte più parole di quanto si pensi ultimamente.


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